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Strage ferroviaria di Viareggio: la prima sentenza di condanna |
Giovedì 02 Febbraio 2017 13:04 |
Sette anni e mezzo lunghi, estenuanti, trascorsi nelle Aule Giudiziarie, con l'incidente probatorio prima, poi con l'udienza preliminare, e, dal 13 novembre 2013, con il Processo vero e proprio. I fatti Stazione ferroviaria di Viareggio, 29 giugno 2009: alle ore 23,48 un treno merci con 14 carri-cisterna carichi di GPL deraglia, per quanto noto a causa del cedimento strutturale "per fatica" dell'asse di un carrello del primo carro. Il gas fuoriuscito dalla cisterna di tale carro invade il quartiere adiacente la linea ferroviaria, un innesco accidentale (forse fornito da una motoretta di passaggio) causa forti esplosioni e un enorme incendio che distrugge molti edifici e coinvolge decine di persone, alcune nelle proprie case (era notte !), altre in strada: diverse di esse riporteranno lesioni gravi, diverse moriranno. Una immane tragedia, questa della devastazione urbana, dei 25 feriti gravi e dei 32 morti (tra cui alcuni bambini): 11 persone subito bruciate o travolte dai crolli, 2 deceduti per infarto, 19 persone che sono morte in vari tempi successivi all'evento per le conseguenze delle ustioni. A scanso di equivoci: il 29 giugno 2009 è avvenuto in primo luogo un incidente di lavoro, il quale peraltro si è immediatamente trasformato in strage di popolazione, coinvolgendo nel disastro gente di tutte le condizioni e tutte le età, tra cui diversi che all'età di poter lavorare non hanno mai potuto arrivarci. Non si è trattato né di sciagura, né di disgrazia, né di "spiacevole episodio", come sgradevolmente dichiarato nel corso di un'audizione al Senato a febbraio 2010 da uno di coloro che sono poi stati imputati per la responsabilità di questo evento (Mauro Moretti, all'epoca dei fatti ai vertici del sistema ferroviario italiano): nessuna "fatalità", ma una concatenazione sinergica di carente manutenzione del materiale rotabile, carente comunicazione interna ed esterna, carente organizzazione ai fini di sicurezza e di fronteggiamento dell'emergenza ... Una situazione che (ci siamo già espressi a suo tempo in tal senso) ha in comune, con la strage ferroviaria pugliese del 12 luglio 2016, più di quanto possa apparire a prima vista. Tribunale di Lucca, 140 udienze dove vi è stata anche una grande tensione tra gli avvocati di difesa (che vantavano i titoli di studio degli imputati e il loro impegno per la sicurezza, che proclamavano che i loro assistiti non avevano alcuna responsabilità per quanto accaduto quella tragica notte) e “quelli là dietro“, ovvero i familiari delle vittime, che dai legali suddetti venivano trattati con percettibile fastidio. Tribunale di Lucca, 31 gennaio 2017: la conclusione del primo grado del processo per la strage ferroviaria di Viareggio: 33 imputati, 23 condannati, 10 assolti. Tra i condannati, molti soggetti ai vertici dell'organizzazione ferroviaria dell'epoca: evidentemente il Tribunale, non limitandosi a identificare una causa puntuale e strettamente "tecnica" dell'evento, ha riconosciuto che nella rete di causazione dell'evento medesimo entravano carenze sistemiche, estese molto al di là di un singolo tratto di binario alla stazione di Viareggio e di una singola parte difettosa di un singolo, qualsiasi carro-cisterna circolante. Tra i capi di imputazione: la mancata valutazione dei rischi connessi al transito dei carri cisterne cariche di sostanze pericolose in mezzo a centri abitati, anche a velocità elevata (sino a 100 km/h !), su binari che corrono accanto alle case e senza rilevatori di svio in grado di bloccare i carri al primo sbandamento. La sentenza ribadisce che l’intero sistema di sicurezza colpevolmente non funzionava. Una sentenza che ribadisce l’importanza della prevenzione e la sua prevalenza sul profitto, che speriamo abbia effetti generali per la sicurezza del trasporto ferroviario. La tenacia dei familiari delle vittime e di tanti altri cittadini e cittadine, del Comune di Viareggio, dei lavoratori ferroviari in una mobilitazione civile tenace e costante, con un impegno di sette anni, ha dato un contributo prezioso, fondamentale al far conoscere al mondo (anche tramite un intenso film "corto", che varrebbe la pena di diffondere ampiamente) ciò che era avvenuto, al non dimenticare, al pretendere sicurezza, verità e giustizia. Ma ci sono altre cose a cui la partecipazione civile non può provvedere da sola e che sono le scelte delle istituzioni pubbliche a dover assicurare: un sistema di regole certe e chiare, il cui aggiornamento tecnico sia affidato all'espressione di soggetti autorevoli e indipendenti; un sistema di controlli pubblici dotato di organizzazione logica, responsabilità univoche e risorse adeguate; un sistema di comunicazione trasparente che comporti un'interlocuzione efficace tra soggetti pubblici e privati (ad esempio, iniziando dal buon funzionamernto dei Comitati Regionali di Coordinamento previsti dall'art 7 del Dlgs 81/08: ma nemmeno fermandosi qui). Serve infine che, anche in un'epoca di liberismo imperante, in cui pare che "il mercato" debba essere l'unico regolatore delle relazioni tra Stati, soggetti d'impresa, categorie di lavoratori, classi sociali, individui, l'espressione "responsabilità sociale d'impresa" divenga impegno reale e non si limiti ad essere una formula vuota delle carte dei servizi dei convegni. |
Ultimo aggiornamento Lunedì 03 Settembre 2018 09:41 |